Tuesday, September 9, 2014

Mappa concettuale (Cmap)

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Friday, September 5, 2014

I am Malala Yousafzai

Malala Yousafzai è nata il 12 luglio 1997 a mingora, Pakistan; è una giovane studentessa ed attivista, figlia di Ziauddin Yousafzai, direttore di una scuola ed attivista per i diritti universali alla educazione.

È cresciuta nella Swat Valley, nel Pakistan del nord, dove la presenza dei militanti Talebani guidati fa Fazlullah stava diventando sempre più forte, badendo televisione, musica, educazione per le bambine e vietando alle donne di uscire di casa senza un parente maschio.

Nel 2008, ad 11 anni, Malala comincia a collaborare con la BBC, scrivendo anonimamente su un blog, raccontando la sua esperienza quotidiana sotto il regime dei Talebani. Nel gennaio 2009 i Talebani emamano un editto che ordina la chiusura di tutte le scuole femminili, dopo averne già fatte esplodere un centinaio.
"How dare the Taliban take away my basic right to education?" scrive Malala.
Successivamente, i Talebani toglieranno il divieto, ma imporranno regole molto dure, obbligando ad indossare il burqa ed in pratica imponendo le proprie visioni estreme.

Con un pubblico sempre più numeroso a cui rivolgersi, Malala continua a parlare del diritto di tutte le donne ad una educazione e nel 2011 viene nominata per l'International Children's Peace Prize ed vince il National Youth Peace Prize in Pakistan.


Nel 2012, in seguito al riconoscimento internazionale del loro impegno, Malala e suo padre ricevono numerose minacce di morte. Il 9 ottobre alcuni Talebani hanno fermato il pullman su cui Malala stava tornando da scuola - “Which one of you is Malala? Speak up, otherwise I will shoot you all!” (“Chi di voi è Malala? Parlate, o sparerò a tutti”) - poi le hanno sparato tre volte. Malala viene portata in un ospedale militare in fin di vita dove viene operata.
Dopo altre minacce a lei ed alla sua famiglia, Malala è stata trasferita al Queen Elizabeth Hospital di Brimingham (UK), dove ha proseguito le sue cure.

L'attentato alla sua vita è stato riportato dai media di tutto il mondo, facendo conoscere Malala e la sua storia a livello internazionale. Il giorno del suo sedicesimo compleanno, nel 2013, Malala parla alle Nazioni Unite a New York, lanciando un appello per sensibilizzare alla condizione di moltissimi bambini in tutto il mondo e rivendicando il diritto basilare di ogni bambino ad una educazione. Parlando del proprio attentato Malala dice:

"The terrorists thought they would change my aims and stop my ambitions, but nothing changed in my life except this: weakness, fear and hopelessness died. Strength, power and courage was born... I am not against anyone, neither am I here to speak in terms of personal revenge against the Taliban or any other terrorist group. I'm here to speak up for the right of education for every child. I want education for the sons and daughters of the Taliban and all terrorists and extremists."

Malala ed il padre, Ziaouddin Yousafzai

Nel 2012 Malala ha fondato, insieme al padre Ziaouddin ed all'attivista pakistana Shiza Shahid il Malala fund (Malalafund.org), una organizzazione non-profit che investe in programmi educativi nelle comunità, promuove ed amplifica le voci delle donne e supporta il diritto universale ad una educazione. 



Nell'ottobre 2013, Malala pubblica il suo primo libro “I am Malala – The girl who stood up for education and was shot by the Taliban” scritto insieme alla giornalista Christina Lamb.
È un libro molto interessante e che è presto diventato uno dei miei preferiti, perchè racconta attraverso gli occhi di una ragazzina la guerra, i conflitti con i Talebani, la povertà ed i problemi che quotidianamente vengono affrontati nella valle dello Swat.
 


Ecco alcune delle citazioni dal libro che ho trovato più importanti: 


"But i knew as I got older that the girls would be expected to be inside. We'd be expected to cook and serve our brothers and fathers. While boys and men could roam freely about town, my mother and I could not go out without a male relative to accompany us, even if it was a five-years-old boy! This was the tradition.
I had decided very early that I would not be like that. My father always said “Malala will be free as a bird”. But I wondered how free a daughter could ever be."
 


"If one man, Fazlullah, can destroy everything, why can't one girl change it?"


"It was school that kept me going in those dark days. [...] Of course at school we were under threat too, and some of my friends dropped out. Fazlullah kept broadcasting that girls should stay at home and his men had started blowing up schools"


 "Moniba [Malala's best friend] always said: “I have four brothers and if I do even the slightest thing wrong they can stop me going to school”"


"Traditions are not sent from heaven, they are not sent from God. It is we who make cultures and we have the right to change it and we should change it."




Ed infine, parte di un documentario del New York Times, girato prima dell'attentato.

Do it LIKE A GIRL

Always, marca di prodotti per la igiene femminile ha creato uno spot, mostrando chiaramente le conseguenze che l'uso della frase “like a girl” (come una ragazza) ha su bambine e ragazze. La frase viene usata come un insulto stereotipato e ciò ha un impatto enorme sulla loro autostima.

Fortunatamente, vediamo anche che quando confrontate su questo aspetto, le ragazze si sentono rafforzate, la loro autostima si risveglia, e “like a girl” diventa un modo per indicare qualcosa di molto più positivo!


Jon Stewart: Gender Bias in Politics

Interessante segmento di una puntata di The Daily Show with Jon Stewart, il più guardato programma di fake news, ovvero di satira e parodia del tipico programma di news americano.
Il segmento tratta di un fatto accaduto durante una campagna elettorale di Hillary Clinton (see video) che, parlando del proprio paese, della propria passione per la politica si emoziona. Una cosa normale, no? Una mossa anche di immagine, ma comunque efficace per esprimere il proprio amore per gli USA, che lei si propone di rappresentare.
Alla domanda di una delle giornaliste, che le chiedeva quanto fosse difficile la vita di tutti I giorni per una donna nella sua posizione, Hillary Clinton risponde: "I had so many opportunities from this country. I just don't want to see us fall backward as a nation. I mean, this is very personal for me. It's not just political, it's not just public. I see what's happening. We have to reverse it". 

Le reazioni dei media non si sono fatte attendere, esprimendo grande preoccupazione per il ruolo che la “emotività delle donne” gioca in politica.
“It was as close to a breakdown as I have ever seen Hillary have. She is just letting all her emotions fall out of her. She can't help it.” dice qualcuno; “Non possiamo avere [in politica] persone che crollano e cominciano a piangere in momenti difficili”.
Jon è d'accordo: Hillary Clinton è troppo sensibile per stare al livello dei nostri politici uomini, più forti ed in controllo delle proprie emozioni. Le donne sono troppo sensibili, hanno sbalzi d'umore, sono troppo arrabbiate per stare in poltica con gli uomini, che invece governano gli Stati Uniti con calma, fermezza ed autorevolezza.
Le prove mostrate sono inconfutabili. Senatori, membri del congresso, un US Representative, giornalisti, governatori... Gli affari dello stato devono essere trattati da uomini maturi come questi! Non da donne che scoppiano a piangere!


Ma le reazioni emotive di questi politici (uomini e donne) non sono la vera questione. Il problema è il modo in cui i media commentano e riportano questi fatti: quando un politico uomo mostra questi comportamenti, viene sempre visto in modo positivo “Ci vuole molto più coraggio per un politico a piengere in pubblico, che ad essere duro”; “Amiamo quando si infiamma così”; “Un governatore onesto ed aperto, che mostra le sue emozioni”; “è stato aggressivo, presidenziale”; “questo è un vero uomo, che si emoziona di fronte alle cose per cui prova passione!”.
Mentre per le donne, come l'esempio di Hillary ci dimostra, il trattamento riservato è negativo, visto esclusivamente come una espressione del suo essere donna, e quindi fragile, sensibile ed imprevedibile, e quindi “non adatta” al ruolo di Presidente degli Stati Uniti d'America.



Clicca sulla immagine per vedere The Daily Show with Jon Stewart - The broads must be crazy (Belittled women).

L'Evoluzione delle Principesse Disney


1937 - 1959
Biancaneve, Cenerentola, Aurora
We are passive, temperate and the classical ideal of beauty.
We're dreamers waiting for our princes to come


1989 - 1992
Ariel, Belle, Jasmin
We're curious, rebellious and adventurous.
We have budding independence but we still need rescuing

1995 - 2009
Pocahontas, Mulan, Tiana
We are brave, stubborn and have strong convinctions.
We're the heroes of our own story.

A Call to Men



Interessante Ted talk di Tony Porter, che parla della violenza delle donne riferendosi particolarmente agli uomini e portando un punto di vista maschile sulla questione ed esperienze personali, che vengono vissute anche da molti altri uomini.



La società moderna non propone ruoli di genere ristretti e limitanti solo per le donne. Gli uomini hanno più possibilità a livello professionale e di realizzazione personale, ma sono sempre intrappolati nel ruolo di “veri uomini”: forti, duri, coraggiosi, dominanti, senza emozioni ad eccezzione della rabbia, che non provano dolore o paura, superiori alle donne, che sono solo oggetti di proprietà e senza troppo valore... 

Ciò che Porter chiama “collective socialization of men”, una “Man Box":

- Don't cry or openly express emotions (With the exception of anger)
- Do not show weakness or fear
- Demonstrate power control (especially over women)
- Aggression-Dominance
- Do not be “like a woman”
- Heterosexual
- Do not be “like a gay man”
- Though; Athletic; Strength; Courage
- Makes decisions; Does not need help
- Views women as property/objects


“We need to challenge our definition of manhood” (Dobbiamo sfidare la nostra idea di virilità)

Fin dalla infanzia insegnamo ai ragazzini che non devono piangere, devono comportarsi da uomini ed alle bambine che invece sono sensibili, delicate. Questo comporta numerosi problemi, ad entrambi i sessi! Le ragazzine perdono autostima ed imparano a “fare le donne” mentre i ragazzini, per “essere uomini” imparano che le donne devono essere possedute e dominate e che le proprie emozioni non devono mai essere espresse.
Sono insegnamenti inconsci, ognuno di noi ne è stato soggetto; un adulto è in grado di ascoltare qualcosa e ragionare criticamente e fare le proprie decisioni, ma quello che insegnamo a bambini di 3, 5, 10 anni li influenzerà più profondamente e più a lungo!


How do I want men to be acting and behave?
[We need to change the way] we raise our sons and how we teach them to be men: that it is ok not to be dominating. That it is ok to have feelings and emotions. That it is ok to promote equality. That it is ok to have women who are just friends. […] My liberation as a man is tied to your liberation as a woman



Un paio di altri link per gli uomini:
Jackson Katz - Violence against women: it's a men's issue (TED Talk)

Want to end sexual violence against women? Fix the men. (Al Jazeera's article)


Padre femminista


Un padre femminista ci spiega le regole per uscire con sua figlia:

1- Io non faccio le regole

2- Tu non fai le regole


3-
Lei fa le regole

4- Il corpo è suo, le regole sono le sue