Tuesday, September 9, 2014

Mappa concettuale (Cmap)

Mappa concettuale del blog, creata usando Cmap. Cliccando sui collegamenti si viene rimandati direttamente al post cui si fa riferimento.



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Friday, September 5, 2014

I am Malala Yousafzai

Malala Yousafzai è nata il 12 luglio 1997 a mingora, Pakistan; è una giovane studentessa ed attivista, figlia di Ziauddin Yousafzai, direttore di una scuola ed attivista per i diritti universali alla educazione.

È cresciuta nella Swat Valley, nel Pakistan del nord, dove la presenza dei militanti Talebani guidati fa Fazlullah stava diventando sempre più forte, badendo televisione, musica, educazione per le bambine e vietando alle donne di uscire di casa senza un parente maschio.

Nel 2008, ad 11 anni, Malala comincia a collaborare con la BBC, scrivendo anonimamente su un blog, raccontando la sua esperienza quotidiana sotto il regime dei Talebani. Nel gennaio 2009 i Talebani emamano un editto che ordina la chiusura di tutte le scuole femminili, dopo averne già fatte esplodere un centinaio.
"How dare the Taliban take away my basic right to education?" scrive Malala.
Successivamente, i Talebani toglieranno il divieto, ma imporranno regole molto dure, obbligando ad indossare il burqa ed in pratica imponendo le proprie visioni estreme.

Con un pubblico sempre più numeroso a cui rivolgersi, Malala continua a parlare del diritto di tutte le donne ad una educazione e nel 2011 viene nominata per l'International Children's Peace Prize ed vince il National Youth Peace Prize in Pakistan.


Nel 2012, in seguito al riconoscimento internazionale del loro impegno, Malala e suo padre ricevono numerose minacce di morte. Il 9 ottobre alcuni Talebani hanno fermato il pullman su cui Malala stava tornando da scuola - “Which one of you is Malala? Speak up, otherwise I will shoot you all!” (“Chi di voi è Malala? Parlate, o sparerò a tutti”) - poi le hanno sparato tre volte. Malala viene portata in un ospedale militare in fin di vita dove viene operata.
Dopo altre minacce a lei ed alla sua famiglia, Malala è stata trasferita al Queen Elizabeth Hospital di Brimingham (UK), dove ha proseguito le sue cure.

L'attentato alla sua vita è stato riportato dai media di tutto il mondo, facendo conoscere Malala e la sua storia a livello internazionale. Il giorno del suo sedicesimo compleanno, nel 2013, Malala parla alle Nazioni Unite a New York, lanciando un appello per sensibilizzare alla condizione di moltissimi bambini in tutto il mondo e rivendicando il diritto basilare di ogni bambino ad una educazione. Parlando del proprio attentato Malala dice:

"The terrorists thought they would change my aims and stop my ambitions, but nothing changed in my life except this: weakness, fear and hopelessness died. Strength, power and courage was born... I am not against anyone, neither am I here to speak in terms of personal revenge against the Taliban or any other terrorist group. I'm here to speak up for the right of education for every child. I want education for the sons and daughters of the Taliban and all terrorists and extremists."

Malala ed il padre, Ziaouddin Yousafzai

Nel 2012 Malala ha fondato, insieme al padre Ziaouddin ed all'attivista pakistana Shiza Shahid il Malala fund (Malalafund.org), una organizzazione non-profit che investe in programmi educativi nelle comunità, promuove ed amplifica le voci delle donne e supporta il diritto universale ad una educazione. 



Nell'ottobre 2013, Malala pubblica il suo primo libro “I am Malala – The girl who stood up for education and was shot by the Taliban” scritto insieme alla giornalista Christina Lamb.
È un libro molto interessante e che è presto diventato uno dei miei preferiti, perchè racconta attraverso gli occhi di una ragazzina la guerra, i conflitti con i Talebani, la povertà ed i problemi che quotidianamente vengono affrontati nella valle dello Swat.
 


Ecco alcune delle citazioni dal libro che ho trovato più importanti: 


"But i knew as I got older that the girls would be expected to be inside. We'd be expected to cook and serve our brothers and fathers. While boys and men could roam freely about town, my mother and I could not go out without a male relative to accompany us, even if it was a five-years-old boy! This was the tradition.
I had decided very early that I would not be like that. My father always said “Malala will be free as a bird”. But I wondered how free a daughter could ever be."
 


"If one man, Fazlullah, can destroy everything, why can't one girl change it?"


"It was school that kept me going in those dark days. [...] Of course at school we were under threat too, and some of my friends dropped out. Fazlullah kept broadcasting that girls should stay at home and his men had started blowing up schools"


 "Moniba [Malala's best friend] always said: “I have four brothers and if I do even the slightest thing wrong they can stop me going to school”"


"Traditions are not sent from heaven, they are not sent from God. It is we who make cultures and we have the right to change it and we should change it."




Ed infine, parte di un documentario del New York Times, girato prima dell'attentato.

Do it LIKE A GIRL

Always, marca di prodotti per la igiene femminile ha creato uno spot, mostrando chiaramente le conseguenze che l'uso della frase “like a girl” (come una ragazza) ha su bambine e ragazze. La frase viene usata come un insulto stereotipato e ciò ha un impatto enorme sulla loro autostima.

Fortunatamente, vediamo anche che quando confrontate su questo aspetto, le ragazze si sentono rafforzate, la loro autostima si risveglia, e “like a girl” diventa un modo per indicare qualcosa di molto più positivo!


Jon Stewart: Gender Bias in Politics

Interessante segmento di una puntata di The Daily Show with Jon Stewart, il più guardato programma di fake news, ovvero di satira e parodia del tipico programma di news americano.
Il segmento tratta di un fatto accaduto durante una campagna elettorale di Hillary Clinton (see video) che, parlando del proprio paese, della propria passione per la politica si emoziona. Una cosa normale, no? Una mossa anche di immagine, ma comunque efficace per esprimere il proprio amore per gli USA, che lei si propone di rappresentare.
Alla domanda di una delle giornaliste, che le chiedeva quanto fosse difficile la vita di tutti I giorni per una donna nella sua posizione, Hillary Clinton risponde: "I had so many opportunities from this country. I just don't want to see us fall backward as a nation. I mean, this is very personal for me. It's not just political, it's not just public. I see what's happening. We have to reverse it". 

Le reazioni dei media non si sono fatte attendere, esprimendo grande preoccupazione per il ruolo che la “emotività delle donne” gioca in politica.
“It was as close to a breakdown as I have ever seen Hillary have. She is just letting all her emotions fall out of her. She can't help it.” dice qualcuno; “Non possiamo avere [in politica] persone che crollano e cominciano a piangere in momenti difficili”.
Jon è d'accordo: Hillary Clinton è troppo sensibile per stare al livello dei nostri politici uomini, più forti ed in controllo delle proprie emozioni. Le donne sono troppo sensibili, hanno sbalzi d'umore, sono troppo arrabbiate per stare in poltica con gli uomini, che invece governano gli Stati Uniti con calma, fermezza ed autorevolezza.
Le prove mostrate sono inconfutabili. Senatori, membri del congresso, un US Representative, giornalisti, governatori... Gli affari dello stato devono essere trattati da uomini maturi come questi! Non da donne che scoppiano a piangere!


Ma le reazioni emotive di questi politici (uomini e donne) non sono la vera questione. Il problema è il modo in cui i media commentano e riportano questi fatti: quando un politico uomo mostra questi comportamenti, viene sempre visto in modo positivo “Ci vuole molto più coraggio per un politico a piengere in pubblico, che ad essere duro”; “Amiamo quando si infiamma così”; “Un governatore onesto ed aperto, che mostra le sue emozioni”; “è stato aggressivo, presidenziale”; “questo è un vero uomo, che si emoziona di fronte alle cose per cui prova passione!”.
Mentre per le donne, come l'esempio di Hillary ci dimostra, il trattamento riservato è negativo, visto esclusivamente come una espressione del suo essere donna, e quindi fragile, sensibile ed imprevedibile, e quindi “non adatta” al ruolo di Presidente degli Stati Uniti d'America.



Clicca sulla immagine per vedere The Daily Show with Jon Stewart - The broads must be crazy (Belittled women).

L'Evoluzione delle Principesse Disney


1937 - 1959
Biancaneve, Cenerentola, Aurora
We are passive, temperate and the classical ideal of beauty.
We're dreamers waiting for our princes to come


1989 - 1992
Ariel, Belle, Jasmin
We're curious, rebellious and adventurous.
We have budding independence but we still need rescuing

1995 - 2009
Pocahontas, Mulan, Tiana
We are brave, stubborn and have strong convinctions.
We're the heroes of our own story.

A Call to Men



Interessante Ted talk di Tony Porter, che parla della violenza delle donne riferendosi particolarmente agli uomini e portando un punto di vista maschile sulla questione ed esperienze personali, che vengono vissute anche da molti altri uomini.



La società moderna non propone ruoli di genere ristretti e limitanti solo per le donne. Gli uomini hanno più possibilità a livello professionale e di realizzazione personale, ma sono sempre intrappolati nel ruolo di “veri uomini”: forti, duri, coraggiosi, dominanti, senza emozioni ad eccezzione della rabbia, che non provano dolore o paura, superiori alle donne, che sono solo oggetti di proprietà e senza troppo valore... 

Ciò che Porter chiama “collective socialization of men”, una “Man Box":

- Don't cry or openly express emotions (With the exception of anger)
- Do not show weakness or fear
- Demonstrate power control (especially over women)
- Aggression-Dominance
- Do not be “like a woman”
- Heterosexual
- Do not be “like a gay man”
- Though; Athletic; Strength; Courage
- Makes decisions; Does not need help
- Views women as property/objects


“We need to challenge our definition of manhood” (Dobbiamo sfidare la nostra idea di virilità)

Fin dalla infanzia insegnamo ai ragazzini che non devono piangere, devono comportarsi da uomini ed alle bambine che invece sono sensibili, delicate. Questo comporta numerosi problemi, ad entrambi i sessi! Le ragazzine perdono autostima ed imparano a “fare le donne” mentre i ragazzini, per “essere uomini” imparano che le donne devono essere possedute e dominate e che le proprie emozioni non devono mai essere espresse.
Sono insegnamenti inconsci, ognuno di noi ne è stato soggetto; un adulto è in grado di ascoltare qualcosa e ragionare criticamente e fare le proprie decisioni, ma quello che insegnamo a bambini di 3, 5, 10 anni li influenzerà più profondamente e più a lungo!


How do I want men to be acting and behave?
[We need to change the way] we raise our sons and how we teach them to be men: that it is ok not to be dominating. That it is ok to have feelings and emotions. That it is ok to promote equality. That it is ok to have women who are just friends. […] My liberation as a man is tied to your liberation as a woman



Un paio di altri link per gli uomini:
Jackson Katz - Violence against women: it's a men's issue (TED Talk)

Want to end sexual violence against women? Fix the men. (Al Jazeera's article)


Padre femminista


Un padre femminista ci spiega le regole per uscire con sua figlia:

1- Io non faccio le regole

2- Tu non fai le regole


3-
Lei fa le regole

4- Il corpo è suo, le regole sono le sue

I contributi delle donne alla scienza (Di Margherita Hack)

Intervento di Margherita Hack sul sito dell'Università Bocconi.


Nella storia e nella cultura, le donne sono state generalmente emarginate, le cose sono leggermente cambiate nell'ultimo secolo, almeno nei paesi industrializzati.

Nei secoli, le donne in grado di ricevere una istruzione erano quelle nei conventi, per questo erano spesso indirizzate verso le materie umanistiche; le scienze matematiche e fisiche richiedevano una preparazione specifica e molto diversa. Questo trend persiste nelle università ancora oggi anche se in misura molto minore, e da qui nasce il pregiudizio che le donne non siano portate per le materie più scientifiche.

Nonostante ciò, nella storia sono emersi i nomi di numerose scienziate donne, che hanno portato importanti contributi allo sviluppo della scienza. Oggi le donne scienziate sono in numero estremamente più elevato ed in ogni campo del sapere.

Sebbene i contributi delle donne siano oggi più riconosciuti, generalmente per poter emergere le scienziate devono lavorare più dei colleghi e persistono ancora molti pregiudizi e stereotipi. Inoltre, nonostante ormai numericamente ricercatori uomini e donne si eguagliano, appena si passa al livello superiore le donne sono meno del 30% ed appena il 10% dei professori ordinari.


Io ho avuto la fortuna di avere una famiglia in cui babbo e mamma erano perfettamente eguali, si dividevano i compiti in piena parità, e che non mi hanno mai imposto comportamenti o giocattoli legati a stereotipi sessuali. Anche lo sport che ho praticato per parecchi anni mi ha aiutato a sviluppare quella competitività che e necessaria per riuscire nell'atletica come nella scienza, per vincere sportivamente, allenandosi e studiando e avendo la costanza di perseguire lo scopo di battere un record o di ottenere un risultato scientifico, senza scoraggiarsi davanti agli insuccessi, perseverando con costanza.
Credo perciò che l'ambiente familiare in cui ho avuto la fortuna di nascere sia stato estremamente importante per darmi fiducia nelle mie possibilità, e per non provare complessi di inferiorità che ho spesso notato in colleghe della mia generazione e anche più giovani.



Quasi sempre si attribuisce questa scarsa presenza femminile nei livelli più alti all'impegno familiare, alle cure dei marito e dei figli, e si chiede un maggiore impegno dello stato nel fornire asili nido, scuole materne, scuole a tempo pieno. Giustissimo! Però rarissimamente si afferma il diritto delle donne e il dovere degli uomini di dividersi al 50% le cure familiari, dalle più umili alle più importanti, anche se la legislazione familiare dà alle donne la possibilità di rivendicare questa reale parità. Sta alle giovani donne educare i propri compagni e ai giovani uomini di incitare le loro compagne ad affermarsi nella vita.


 

All they want is to go to school



Giovani studentesse Nepalesi attraversano un fiume per andare a scuola.

"There are so many children in the world who are deprived of education. They don't want a playstation, an iPad; all they want is to go to school...It is my dream that every child in every corner of the world be educated.
- Malala Yousafzai                    

Girls, not brides.

L'articolo 26 della Universal Declaration of human rights afferma il diritto di ognuno ad una educazione, purtroppo non sempre ciò accade. Questo diritto fondamentale ad una educazione, per molte bambine e ragazze viene infatti minacciato principalmente dal loro genere, dal luogo in cui vivono e dalla loro condizione economica.Per moltissime ragazzine nel mondo andare a scuola è un sogno, tutto ciò che desiderano, ma sono invece costrette a lavorare, sposarsi o prostituirsi per sopravvivere. 

In un recente articolo sull'Huffingtonpost, Megan Foo ci spiega Why Should We Invest in Girls' Education?

1- La educazione è un diritto fondamentale, dovrebbe esserne garantito un accesso universale, non essere un privilegio come spesso viene vista.

2- È un'arma in favore dell'uguaglianza dei generi. Investendo nella educazione delle ragazze, esse avranno la possibilità non solo di arricchire la propria cultura e realizzare i propri diritti di base, ma anche di contribuire più equamente ed attivamente nella società. 

3- È la chiave per alleviare la povertà nei paesi economicamente meno sviluppati

4- Strumentale per portare crescita economica. Statisticamente, le ragazze che hanno un anno in più di scolarizzazione rispetto alla media nazionale (USA) possono guadagnare il 10-20% di più.

5- Essenziale per ridurre il numero di matrimoni infantili. Es: in Tanzania, le donne che ricevono una educazione secondaria hanno il 92% in meno di probabilità di essere obbligate a sposarsi in infanzia od adolescenza rispetto alle donne con una sola educazione primaria. 

6- Una formula efficace per la realizzazione personale. Le donne con una educazione formale non sono solo più consce dei propri diritti ma sono anche in grado di difendersi quando i propri diritti umani fondamentali sono compromessi o violati. 

7- Correlato negativamente con percentuali di morti di parto od infantili. Le donne che ricevono una educazione formale sono più informate circa i rischi e le precauzioni da prendere in gravidanza, come curarsi dei propri neonati e della importanza di una alimentazione e cure mediche adeguati. 

8- Critica diminuzione del tasso di fertilità. L'educazione fornisce conoscenze circa il controllo delle nascite, family planning... questo permette allle donne di avere più tempo tra un figlio e l'altro, e quindi poter meglio curarsi di ognuno e meglio distribuire le risorse familiari. 

9- Miglioramento delle condizioni di salute delle donne. Le ragazze con almeno 6 anni di educazione scolastica tendono maggiormente a proteggersi da malattie come HIV/AIDS ed altre. 

10- Una importante possiblità di cambiamento nella nostra società per quanto riguarda gli stereotipi di genere, creare una cultura di base che si tramanda nelle famiglie; è dimostrato che le madri che hanno una educazione scolastica tendono a mandare i figli a scuola più delle madri senza una educazione formale.


Spesso, matrimonio infantile, traffico di esseri umani e prostituzione vengono visti come una alternativa ad una educazione. Anche oggi in tutto il mondo 14 milioni di bambine e ragazzine si sposano o vengono date in sposa ogni anno. Questo è un problema enorme, innanzi tutto perchè nega a ragazzine di 6, 10, 15 anni di vivere una infanzia ed una adolescenza normale, passando direttamente al ruolo di casalinga e procreatrice, ma anche a causa delle violenze sessuali, della mortalità altissima e dell'abbandono della scuola.
Prevalentemente vittime del matrimonio infantile sono le bambine e ragazze, come mostrano i dati in questa infografica creata da Girls Not Brides, una NGO e “global partnership committed to ending child marriage”. 
 

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We ALL can do it!

We ALL can do it! Feminism is worthless without intersectionality and inclusion!


Il femminismo non è solo per donne bianche, donne grasse, donne belle o donne brutte, donne intelligenti, donne omosessuali... Non è nemmeno solo per donne!! ;)

Oppressed Majority by Éléonore Pourriat

Il sessismo di tutti i giorni: un uomo viene esposto al sessismo ed alla violenza sessuale in una società dominata dalle donne.

"Oppressed Majority" è un cortometraggio della regista francese Éléonore Pourriat che rappresenta un mondo dove uomini e donne si sono scambiati di posto; gli uomini sono questa volta nella posizione di minoranza oppressa. Così facendo si crea un senso di incoerenza ed ingiustizia molto forte, che colpisce per la sua assurdità chiunque lo guardi, donna o uomo.


Bill Nye the Science Guy ha le idee chiare!

Bill Nye, meglio conosciuto come “Bill Nye the Science Guy” ha una semplice ed interessante visione del rapporto che dovrebbe esistere tra il mondo scientifico e le donne. 

(Richard Dawkins non sembrerebbe altrettanto entusiasta..)


Purtroppo però i dati circa gli Stati Uniti non sono troppo incoraggianti...

[ Data source: National Science Foundation http://www.nsf.gov/statistics/seind12/append/c5/at05-17.pdf ]


Sheryl Sandberg - Why we have too few women leaders

Sheryl Sandberg (28 agosto 1969) è conosciuta soprattutto per il suo ruolo di Chief Operating Officer (direttore operativo) di Facebook; dal 2012, Sheryl è la prima donna ad essere eletta nel consiglio d'amministrazione dell'azienda. Prima di Facebook ha lavorato anche per Google e come Chief of staff per il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d'America.


Il primo libro di Sheryl Sandberg è intitolato “Lean In: Women, Work and the Will to Lead” (2013) (“Facciamoci avanti – Le donne, il lavoro e la voglia di riuscire”), e tratta di business leadership, problemi legati alla mancanza di donne al governo e nelle posizioni di leadership e le donne nel mondo del lavoro. In pochi mesi il libro ha venduto più di un milione di copie, e si è trovato al top delle classifiche di bestsellers.


Nel 2010 Sheryl ha partecipato ad una TED Talk con un intervento molto interessante: “Why we have too few women leaders” (“Perchè le donne leader sono troppo poche”).



Diciamocelo: la maggior parte di noi donne oggi è fortunata, abbiamo molta più libertà di scelta di quanta ne avessero le nostre madri e le nostre nonne, e la maggior parte di noi è cresciuta in un ambiente dove le venivano riconosciuti i basilari diritti umani. Incredibilmente, però, ancora non è così per tutte le donne del mondo.

Nonostante tutto, anche nella nostra società “occidentale” e moderna non è tutto perfetto. In nessuna parte del mondo le donne hanno le stesse possibilità e gli stessi ruoli di leadership e di rappresentanza che spettano agli uomini, tantomeno ai livelli più alti. Un esempio: di 190 capi di stato solo 9 sono donne e solo il 13% di tutti i parlamentari al mondo sono donne. Inoltre, un altro problema è che le donne spesso devono prendere decisioni molto più difficili tra successo professionale e soddisfazione e realizzazione personale. Solo un terzo delle donne con una carriera di successo ha figli, in contrasto con i due terzi degli uomini.
La domanda quindi è: come possiamo risolvere questo problema, come cambiare questi numeri per migliorare le cose, come possiamo fare in modo diverso?
Mantenere le donne nella forza lavoro è una delle risposte. Molte donne lasciano il lavoro, per una ragione od un'altra (e finiscono per dipendere finanziariamente da qualcun'altro, spesso il marito). La maggior parte lascia il lavoro per seguire la crescita dei figli, ed ovviamente è una giusta scelta che ogni donna è libera di prendere. 


Cosa accade però quando una donna decide di rimanere al lavoro? Sheryl ha 3 consigli: 

1. “Sit at the table” (partecipare e farsi avanti)
Molte ricerche mostrano questo fatto: le donne sistematicamente sottovalutano le proprie abilità, al contrario degli uomini, che tendono a sopravvalutarle leggermente. All'ingresso del mondo del lavoro dopo l'università, il 57% degli uomini discute il proprio salario, ma solo il 7% delle donne lo fa. E soprattutto, gli uomini tendono a fornire attribuzioni interne (impegno, abilità) per il proprio successo, mentre le donne le allocano all'esterno (fortuna, aiuto ricevuto, difficoltà del compito). In generale, gli uomini sembrano essere più sicuri di sé rispetto alle donne.
Tutto ciò è estremamente importante per quanto riguarda la propria carriera, perchè per avere successo bisogna volerlo, bisogna impegnarsi, ma soprattutto è necessario credere di meritarsi la promozione ed il successo ed avere fiducia in sé stessi.
Il problema è che è mostrato che successo e “likeability” (“Essere piacevoli”) sono correlati positivamente per gli uomini, ma negativamente per le donne. Ciò significa che esistono standard diversi per giudicare le qualità dei due sessi.
La soluzione a tutto ciò è semplice: “We've got to get women to sit at the table”. Le donne devono essere presenti, partecipare, devono poter portare ciò che sanno fare per contribuire e dimostrare che non sono inferiori solo perchè donne.

2. “Make your partner a real partner”
Nella situazione in cui un uomo ed una donna lavorano a tempo pieno ed hanno un bambino, i dati mostrano che mediamente la donna farà il doppio dei lavori casalinghi ed il triplo di quelli legati alla cura del bambino; il carico di lavoro sulle donne lavoratrici con figli è quindi solitamente molto maggiore rispetto a quello degli uomini.
Quando si renderà necessario che uno dei genitori si occupi a tempo pieno di casa e figli, chi credete che sarà dei due a lasciare il proprio lavoro? Solitamente sono le donne. Questo accade non solo per gli istinti materni che sicuramente entrano in gioco, ma anche e soprattutto perchè spesso, la società spinge i ragazzi più che le ragazze a ricercare il successo e realizzarsi anche al di fuori della famiglia.
È quindi necessario rendere il lavoro casalingo e la cura dei figli altrettanto importante per entrambi i sessi se vogliamo rendere i ruoli “di genere” più equi.

3. “Don't leave before you leave”
Quando una donna comincia a pensare di volere un figlio, in quel momento comincia anche a pensare a come fare posto a questo bambino nella propria vita, come conciliarlo con tutto ciò che fa ora. E da quell'esatto momento smette di alzare la mano, di esporsi, non chiede una promozione, non si propone per un nuovo progetto lvorativo. Spesso questa dinamica si attiva molto in anticipo rispetto alla gravidanza, quando una donna si fidanza o si sposa, ad esempio, comincerà a mettere in conto la possibilità di allargare la famiglia, e da quel momento smette (e spesso le viene detto di smettere) di cercare di avanzare.
Ovviamente, dopo la maternità, è molto difficile per la maggior parte delle donne tornare a lavorare, e se ci si è fermati anni fa nella ricerca di nuove opportunità, sarà difficile ricominciare. Per questo Sheryl incita a non togliere mai il piede dall'accelleratore fino al giorno esatto in cui si lascia, non lasciare ancora prima di essersene andati.

Un esempio di "sessismo benevolo"

Ecco un esempio di "sessismo benevolo", che ho citato nel post su pregiudizio e stereotipizzazione.

["Senti micia, non mi interessa che cosa pensi.
Se io dico che sono un femminista, allora lo sono!"]

Pregiudizio e stereotipizzazione

Prima di poter parlare della condizione delle donne nella società odierna, è necessario conoscere il pregiudizio, capire come funziona e che conseguenze comporta. 

Il pregiudizio è un atteggiamento ostile o negativo verso un gruppo di persone risconoscibile, basato soltanto sulla appartenenza dei membri a tale gruppo.
A questa definizione si lega strettamente quella di stereotipo: “generalizzazione semplicistica relativa ad un gruppo di persone che consiste nella assegnazione di caratteristiche identiche a tutti i membri del gruppo in conformità con i propri pregiudizi.

Conseguenze principali della attuazione di pregiudizi e stereotipi sono il senso di impotenza e soprattutto il calo di autostima nel gruppo che viene stereotipato.
Nel 1968 Philiph Goldberg dimostrò che le donne tendono ad essere prevenute nei confronti del loro stesso genere, in quanto tendevano a giudicare più negativamente un dipinto quando credevano che l'autore fosse una donna. È un trend che è stato mostrato in molte ricerche, ed è presente in entrambi i generi e spesso già in adolescenza.
Le generalizzazioni di per sé sono già negative, in quanto negano il diritto di ognuno ad essere trattato come individuo unico, con caratteristiche proprie (positive o negative che siano).
Inoltre è molto importante prestare attenzione all'effetto della
minaccia da stereotipo: timore sperimentato dai membri di una minoranza di confermare uno stereotipo negativo esistente. L'ansia derivante è spesso causa del calo di performance nello svolgimento di una attività, creando quindi una profezia che si autoavvera.
Il fatto importante è che tutti noi abbiamo dei pregiudizi, più o meno negativi e più o meno espliciti. In realtà, la formazione di un pregiudizio non è di per sé dannosa, in quanto è funzionale all'uomo per prendere decisioni e dare giudizi in modo semplice e veloce, se basato su esperienze dirette e personali. Purtroppo però spesso la fonte dei pregiudizi più radicati come sessismo e razzismo sono dicerie, media, tradizioni.. che non sempre corrispondono alla realtà e la riportano esattamente.
In una situazione ambigua le persone tendono a fare attribuzioni coerenti con i propri pregiudizi (
Errore ultimo di attribuzione) e questo può essere molto dannoso: basti pensare a tutte le volte che ci ritroviamo anche inconsciamente ad fare attribuzioni secondo pregiudizi nei confronti di individui che non conosciamo personalmente o che vediamo per strada. 
 
Per quanto riguarda lo stereotipo sessuale, dagli anni '60 ci sono state numerosissime ricerche.
Deaux e colleghi hanno mostrato come sia una credenza quasi universamente diffusa quella di vedere le donne come più premurose e sensibili e meno autoritarie rispetto agli uomini. Allo stesso tempo, è stato anche mostrato che molte volte questo stereotipo può corrispondere alla realtà, ma ciò che è importante è che per generalizzazioni così vaste, la loro applicazione indiscriminata priva del diritto di essere trattati come individui. Anche se la maggior parte delle donne preferisse fare la casalinga e stare a casa con i figli, ce ne sono comunque moltissime altre competenti e con abilità di leadership che invece desiderano avere successo nel lavoro e che non corrispondono a questo stereotipo! 
Deaux ed Emsweiler hanno dimostrato che se lo stereotipo è abbastanza forte, anche i membri del gruppo stereotipato tendono ad acquisirlo. Questo è uno dei motivi per cui le donne spesso vengono indirizzate verso delle scelte che non hanno preso autonomamente, ed è lo stesso motivo per cui, quando fanno una scelta indipendente e contraria alla immagine dello stereotipo, spesso vengno criticate sia dagli altri che da loro stesse. 
 
Nel fare attribuzioni circa i propri successi ed insuccessi le differenze di genere sono molto marcate; come mostrato in un esperimento di Nicholls (1975): in caso di successo, gli uomini tendono a fare attribuzione più interne (le proprie capacità) mentre le donne tendono a farne di esterne (colpo di fortuna, facilità del compito, aiuto esterno..). Nel caso di un insuccesso invece gli uomini tendono ad attribuirlo a sfortuna o scarso impegno, le donne tendono a pensare che sia un compito troppo difficile per le loro abilità. Già alle elementari, è dimostrato che le bambine tendono a minimizzare le proprie capacità, al contrario dei bambini. 
 
Le autoattribuzioni hanno implicazioni molto importanti per il successo e per le prestazioni lavorative. Per esempio, nel caso di due giocatori di tennis: le attribuzioni che compiono in riferimento all'insuccesso nel primo set possono influenzare le performances nei set successivi.
Il giocatore che attribuirà il fallimento allo scarso impegno, potrà spingersi a dare il meglio di sè nel successivo, mentre la giocatrice che lo attribuirà alla propria scarsa abilità potrebbe arrendersi e perdere anche il successivo.
Se le donne tendono a compiere attribuzioni errate e di conseguenza atteggiamenti di rinuncia e sfiducia in se stesse, ovviamente anche il loro rendimento lavorativo ne risentirà e contribuirà anche a rinforzare il pregiudizio e gli stereotipi che sono alla base della questione. 
 
Un altro problema di questo modo di pensare ed agire, è che molto volte è inconscio.
Glick e Fiske (2002) ad esempio distinguono due tipi di sessismo:
ostile, ovvero una visione stereotipata delle donne come esseri inferiori agli uomini; benevolo, una visione stereotipata positiva, “cavalleresca” che vede le donne come in sesso debole, qundi in fondo ha lo stesso presupposto.
Il sessismo può essere una ideologia inconsapevole, attuata sia da uomini che da donne, e quindi dannosa ad un livello profondo. Molti studi evidenziano di come le bambine imparino presto la figura della mamma e della donna di casa ed i bambini quella del padre che lavora e quindi sostiene economicamente la famiglia. 

Fortunatamente, le cose stanno cambiando, seppur lentamente; anche le norme di comportamento riservate agli uomini stanno diventando meno restrittive, e sicuramente è un doppio vantaggio!
Le donne, soprattutto sul lavoro, non hanno una vasta gamma di scelta nei comportamenti da adottare, bisogna riuscire a liberarsi da restrizioni imposte dai comportamenti stereotipici legati al genere. 

Senza dubbio in questo i mass media hanno una forte responsabilità (e quindi anche una grande possibilità di cambiamento) per il rafforzamento del pregiudizio, in particolare la televisione. Le pubblicità ad esempio forniscono impliciti campioni di comportamento, e le donne vengono quindi viste come oggetti sessuali o casalinghe servizievoli, al massimo suocere o zitelle cattive. Viene fornita alle donne una immagine limitata degli obbiettivi cui possono aspirare.
Inoltre, troppo spesso viene fornita una immagine distorta delle minoranze, quelle razziali in particolare, sono ancora raramente raffigurate, perchè non vengono considerati come rappresentanti del cittadino medio. Ciò che deriva è un senso di estraniazione ed inferiorità delle minoranze; troppo spesso la mancanza di personaggi mediatici in cui ognuno si possa identificare ed utilizzare come modelli positivi viene sottovalutata o dimenticata. 
 






Source: L'Animale Sociale
di Elliot Aronson, psicologo americano ed inventore del metodo Jigsaw Classroom per ridurre pregiudizio e ostilità tra razze.
 

Introduzione

Benvenuti, sono Claudia :)
Sono studentessa del terzo anno di Scienze e Tecniche Psicologiche dell'Università di Pavia, e questo blog è stato creato come progetto per il corso di Tecnologie della Comunicazione Scientifica.
Il mio compito è quello di usare una delle nuove tecnologie esposte nel corso e trattare di un argomento che interessi il mio campo di studi.

Negli ultimi anni, sono sempre più frequentemente stata esposta al pensiero di donne come me che si definivano "femministe" ed in quanto donna, ho esperienza diretta del trattamento che vene riservato alle bambine ed alle adolescenti, almeno in Italia. Ovviamente il movimento femminista ha avuto un ruolo molto importante nella storia, e purtroppo ciò ha causato una sostanziale campagna di disinformazine che porta le donne ancora oggi a definirsi "anti-femministe" perchè non vogliono rinunciare ai figli, e gli uomini a temere le "femminazi" rozze e pelose e che odiano i maschi. Ciò che conta secondo me è il pensiero fondamentale del femminismo, la idea che donne e uomini abbiano lo stesso valore e gli stessi diritti e doveri, non i movimenti che sono scaturiti in conseguenza ad essa.

Non è però questo l'argomento che voglio affrontare. Vorrei provare a rispondere una volta per tutte alle tante persone che mi hanno detto "ma il femminismo oggi non serve più! Le donne e gli uomini sono praticamente uguali". Ho quindi deciso di esporre quelle che sono secondo me alcune delle prove più evidenti che la uguaglianza tra i sessi non è affatto dietro l'angolo; stiamo pian piano migliorando le condizioni, ma ci sono ancora troppi aspetti problematici. Non pretendo di fornire soluzioni ad un problema molto più grande di ogni singolo, ma cercare di far capire ad ognuno che possiamo ancora fare molti passi avanti, che basta poco e che porterebbe vantaggi a tutti! (beh, a tutti tranne a chi odia le donne!).
Il mio blog è quindi diretto sia a chi come me crede che ci sia ancora bisogno di "femminismo" sia a chi è invece scettico, nella speranza di poter fornire loro un altro punto di vista. Inoltre volevo portare degli esempi veri, non solo studi scientifici, ma persone reali che raccontano la loro storia o la loro visione. Per questo ho incluso personaggi contemporanei, molti dei quali guardo e leggo anche nella mia vita personale come Malala o Jon Stewart.
Scegliendo questo argomento e queste modalità ho voluto inserire una parte più personale di me in questo blog in modo da poterlo fare al meglio, e divertirmi facendolo! Spero di poter ispirare una riflessione a chiunque passi di qui.





"The road to equality is long, but we will succeed if we walk it together"
- Malala Yousafzai